La controversia sui dazi statunitensi sul caffè brasiliano si intensifica, con una mobilitazione crescente da parte di esportatori, importatori e consumatori. Nonostante lo scoraggiamento iniziale, gli esportatori brasiliani non mollano la presa, mentre negli Stati Uniti la preoccupazione per i prezzi al consumo inizia a farsi sentire, anche attraverso i social media.
Gli esportatori brasiliani continuano a spingere per un’inversione dei dazi statunitensi, che sono passati dal 10% al 50%. La speranza è quella di un’esenzione che riporterebbe il Brasile in una posizione di parità con gli altri paesi esportatori. “Continueremo a lavorare per garantire che il caffè venga incluso nell’elenco delle esenzioni del Brasile, escluso dall’imposta aggiuntiva del 40% e tassato al tasso del 10% inizialmente annunciato ad aprile”, ha dichiarato Cecafé, l’associazione degli esportatori di caffè.
Nonostante il forte senso di scoraggiamento e l’incertezza sulla posizione di Washington, le trattative non si fermano. Sono in corso incontri con enti nazionali e internazionali per cercare una soluzione che eviti perdite significative per entrambe le parti. Al momento, i contratti firmati prima dell’annuncio dei nuovi dazi non sono interessati dalla tariffa maggiorata, e non si registrano ancora rescissioni su larga scala, anche se sono in corso revisioni dei prezzi.
L’argomentazione chiave del Brasile è che gli Stati Uniti non sono autosufficienti nella produzione di caffè e che una tariffa così elevata finirebbe per danneggiare il più grande consumatore mondiale. L’America importa oltre 24 milioni di sacchi all’anno e il Brasile è il suo principale fornitore.
Anche negli Stati Uniti la pressione per un cambio di rotta sta montando. Gli importatori di caffè, direttamente colpiti dalle tariffe, stanno cercando di far valere le loro ragioni. Ma la protesta si sta allargando anche ai consumatori. Sui social media, in particolare su X (precedentemente Twitter), gli americani stanno condividendo immagini dei prezzi del caffè, esprimendo preoccupazione per i potenziali aumenti di costo.
Questa reazione online, sebbene non risolva il problema nell’immediato, contribuisce indirettamente a mettere pressione sull’amministrazione in carica. Il timore di non riuscire ad assorbire l’aumento dei costi dei prodotti di base come il caffè potrebbe spingere Washington a riconsiderare la sua posizione, in un contesto dove i dazi sono stati giustificati da motivazioni diplomatiche e non economiche.
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