L’industria del caffè brasiliana ha registrato un drastico calo delle esportazioni nel mese di aprile, secondo i dati ufficiali diffusi lunedì da Cecafé. Le esportazioni totali si sono attestate a circa 3,09 milioni di sacchi, con una diminuzione di quasi 1,2 milioni di sacchi (-27,7%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Il calo più evidente riguarda il caffè verde, che ha visto un decremento del 29,1%, con 2,78 milioni di sacchi esportati. In particolare, gli imbarchi di arabica sono diminuiti del 17,4%, attestandosi a circa 2,68 milioni di sacchi, mentre le esportazioni di robusta sono crollate dell’84,9%, a circa 104 mila sacchi, segnando una delle flessioni più marcate in assoluto. La riduzione delle esportazioni di caffè trasformato, principalmente solubile, è stata del 10,8%, con circa 309 mila sacchi.
Se si considera il periodo da gennaio ad aprile, le esportazioni complessive di caffè brasiliano sono state di circa 13,8 milioni di sacchi, in calo del 15,5% rispetto allo stesso intervallo temporale del 2024. Tuttavia, si registra una lieve crescita nel settore del caffè trasformato, che ha visto un aumento del 3,1%, con circa 1,3 milioni di sacchi esportati.
I cinque principali Paesi di destinazione delle esportazioni di caffè brasiliano, nei primi quattro mesi del 2025, sono stati: gli Stati Uniti, che hanno acquisito l’equivalente di 2,37 milioni di sacchi da 60 kg, rappresentando quindi il 17,16% del volume totale esportato dal Paese nel periodo. Al secondo posto si colloca la Germania, con 1,78 milioni di sacchi (12,88%), seguita dall’Italia, al terzo posto, con 1,14 milioni di sacchi (8,25%).
Al quarto posto il Giappone, con 865,93 mila sacchi (6,17%). Infine, al quinto posto, troviamo il Belgio, con un acquisto equivalente a 618,30 mila sacchi da 60 kg, pari al 4,47% delle vendite totali di caffè brasiliano da gennaio ad aprile 2025.
Tuttavia, dietro a questi dati si cela una problematica di fondo che rischia di compromettere lo sviluppo futuro del settore: i ritardi infrastrutturali nei porti brasiliani. Il deterioramento delle strutture portuali sta diventando un ostacolo critico per l’agribusiness, con ripercussioni dirette sulla filiera del caffè.
Non si tratta di singoli incidenti, bensì di un problema sistemico perchè i porti brasiliani stanno operando a piena capacità. Le attrezzature datate, la mancanza di manutenzione e gli investimenti insufficienti hanno creato una situazione insostenibile.
Nel 2024, il Brasile ha investito in infrastrutture appena il 2,2% del PIL, una cifra molto inferiore a quella necessaria: si stima che servirebbe almeno il doppio per far fronte alla crescita della domanda prevista nei prossimi trent’anni.
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