Nel Cerrado Minerio Expocacer vuole distinguersi per la qualità del suo caffè

Expocacer – cooperativa del Cerrado Mineiro che fornisce un supporto diretto ai coltivatori e li aiuta nello stoccaggio, nella commercializzazione e nell’esportazione del loro caffè, guidandoli anche nei processi di sostenibilità e certificazione – si racconta attraverso le parole di Gláucio de Castro, presidente della Federazione dei coltivatori di caffè del Cerrado.

Nel 2024, la regione del Cerrado Mineiro ha registrato un notevole aumento del 160% nella certificazione dell’origine del caffè. Questa crescita significativa è il risultato di misure strategiche attuate per migliorare il controllo dell’origine, la tracciabilità e i processi di certificazione, rafforzando al contempo il profilo del caffè della regione nel mercato globale.

Expocacer: dal 1993 a oggi, come è cambiato il mercato del caffè del Cerrado Mineiro?

“Abbiamo iniziato il nostro lavoro nel 1993, 31 anni fa, come associazione. Ora abbiamo 6 cooperative e 6 associazioni sotto di noi. Nel 1993 abbiamo fatto la scelta di valorizzare il nostro caffè che sappiamo essere di alta qualità: nei vari concorsi la nostra materia prima, il Cerrado Mineiro, si è distinta più volte. Ci siamo quindi posti l’obiettivo di farne la nostra identità: abbiamo voluto dargli una denominazione d’origine, nel 2013, per il desiderio di mostrarlo come un marchio nelle confezioni che vendiamo in tutto il mondo. Nel 2022 abbiamo contato 1 milione di sacchi di questo caffè ed esportiamo in più di 30 Paesi”.

Quali sono i principali mercati di riferimento per Expocacer e dove vorreste rafforzarvi?

“Il Paese più importante per noi in termini di esportazioni è l’Europa, Italia e Germania sono i più significativi, ma poi vendiamo anche in Giappone e negli Stati Uniti”.

Da quanto tempo e perché avete creato un’unità dedicata agli specialty coffee e quanto rappresenta in termini di volume rispetto al totale del caffè che trattate?

“Abbiamo avviato il primo concorso nel Cerrado Mineiro nel 2012 e, a riprova di questo cambio di passo, quest’anno abbiamo contato 5147 coltivatori che si sono proposti per i concorsi. Lo sguardo verso le specialità è dovuto al nostro interesse per la continua ricerca di un caffè di qualità sempre più elevata: competere con questi caffè dà molta buona visibilità al Cerrado Mineiro. Parlando di numeri: abbiamo una media di 6 milioni di sacchi all’anno, una percentuale di esportazione del 70% e una media del 40-60% di caffè con punteggio dagli 80 in su per tutto il verde prodotto – esportato e venduto internamente -.

Expocacer distingue tra caffè classico, caffè industriale e caffè speciale: può spiegare la differenza tra queste categorie?

“Quasi tutti i caffè del Cerrado Mineiro si collocano nella fascia tra gli 80 e gli 84 punti: stiamo certamente parlando di un caffè già molto buono, che possiamo definire classico. Lo specialty supera naturalmente questa soglia e deve andare oltre gli 86 per essere considerato tale. Il caffè industriale, invece, è quello che presenta molti difetti ed è solitamente destinato al consumo interno.”

Quanti soci ha la vostra cooperativa e, di questi, quanti sono i grandi e quanti i piccoli agricoltori?

“Attualmente le nostre cooperative contano 7000 famiglie. Il 20% di queste è di grandi dimensioni – nell’ordine dei 5000 ettari coltivati a caffè – e il 50% è di piccole dimensioni – circa 15 ettari e oltre -. Mentre il restante 30% è costituito da agricoltori di medie dimensioni. Trattiamo maggiormente con i piccoli agricoltori e questo ci dà molto più lavoro, perché è più facile gestire grandi volumi”.

EUDR: Expocacer è all’avanguardia su questo tema. Ci parli delle strategie già in atto e di quelle che svilupperete per affrontare questa sfida?

“In Brasile non abbiamo particolari problemi con il caffè rispetto alla normativa: già coltiviamo e siamo strutturati per esportare caffè che non disbosca, il che ci permette quindi di essere preparati a questa sfida”.

Quali altri obiettivi si pone Expocacer nei prossimi anni?

“Continuare a collaborare tra di noi e con le aziende, così come abbiamo fatto finora con illycaffè. Vorremmo creare nuovi hub a Londra, in Corea, negli Stati Uniti e aumentare ulteriormente la qualità del nostro caffè per raggiungere tutti i mercati con questa forte identità.

Per quanto riguarda la minaccia del cambiamento climatico – che quindi mette l’Arabica più a rischio rispetto alla Robusta – stiamo lavorando molto su nuovi sistemi di irrigazione, sulla coltivazione di semi in grado resistere a temperature diverse e quindi di migliorare le condizioni del suolo, che sarà più ricco di acqua. Nel Cerrado Mineiro stiamo anche cercando di procedere con l’agricoltura rigenerativa: la prima azienda agricola di questo tipo è proprio nella nostra regione.”

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