Il Regolamento europeo contro la deforestazione e il degrado forestale dovrebbe entrare in vigore nel 2026. Questo testo mira a rimuovere dal mercato europeo i prodotti realizzati con materie prime provenienti da aree deforestate. Riguarderà sette settori agricoli, come l’olio di palma, il cacao e il caffè. Sebbene l’obiettivo ecologico di questa norma sia molto chiaro, la sua attuazione pratica è tutt’altro che facile. Un consorzio di scienziati guidato dal CIRAD sta proponendo un metodo per identificare indici di riferimento di “foresta preservata” per diversi biomi importanti.
Il Regolamento europeo contro la deforestazione e il degrado forestale (RDUE) prevede la cessazione delle importazioni di prodotti derivanti dalla deforestazione per sette settori agricoli.
Per essere efficace, la regolamentazione deve distinguere tra foreste preservate e foreste degradate. Data l’immensità del compito, la ricerca deve fornire indicatori operativi in grado di tenere conto della diversità degli ecosistemi forestali.
Saranno colpite milioni di piccole aziende agricole familiari. Non si conoscono ancora gli impatti sull’organizzazione dei settori. Inoltre mentre le foreste sono i primi ecosistemi presi di mira, le torbiere, i prati e le zone umide dovrebbero poi rientrare nel nuovo regolamento. Oltre alle importazioni, è presa di mira anche la produzione sul territorio europeo. È quindi interessata la Guyana francese, la cui superficie coperta da foreste copre quasi il 90% del suo territorio.
L’obiettivo è chiaro ed ecologicamente responsabile. Purtroppo il compito si rivela più complesso del previsto. Per definire i concetti di deforestazione e degrado, la normativa vigente si basa su un’unica definizione di foresta, basata su parametri strutturali fissi della vegetazione. Ma in realtà la diversità degli ecosistemi forestali globali non consente di adottare una definizione unica di “foreste non degradate”, che potrebbe servire da riferimento per distinguere le foreste indisturbate. Inoltre, le normative impongono ai produttori di fornire la geolocalizzazione precisa dei loro prodotti. Ma si scopre che questa tecnologia è spesso inaccessibile alle piccole aziende agricole, che nei paesi del Sud del mondo ammontano a milioni.
Tra sfide tecniche e scelte politiche, la ricerca deve quindi partecipare attivamente alla ricerca di indicatori affidabili ed essere in grado di proporre adattamenti praticabili per le aziende agricole familiari del Sud, il cui stile di vita dipende talvolta dalle esportazioni verso l’Europa.
E’ in ballo la possibile esclusione di milioni di piccole aziende agricole familiari dal mercato europeo. Per molti agricoltori del Sud, soprattutto quelli più isolati, la geolocalizzazione non è una tecnologia accessibile come lo è al Nord. Ad esempio, si stima che in Africa occidentale solo il 20% della popolazione possieda uno smartphone.
Particolarmente colpiti sono alcuni settori, come quello del cacao, della gomma e del caffè, con piccole aziende agricole che estendono uno o due ettari e sono spesso isolate. Entro un anno, queste famiglie dovranno essere in grado di fornire queste informazioni all’Unione Europea. Come e con quali mezzi?
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